Ivan Pozzoni
- 29/04/2024 00:58:00
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Io sono lartista sovversivo/eversivo e irriverente maggiore degli ultimi ventanni. Gli altri sono grandi artisti: io sono un grande artista folle. Per questo non sono amato dai <dilettanti> e dai <mestieranti> della cultura. Perchè non sono in grado di comprendere il mio cammino artistico. Devi aver letto 1. Derrida, Deleuze, Baudrillard e Debord; 2. Bauman, Beck, Sennett e Lipovetsky; 3. Berkley e Hume, Peirce e James, Schlick e Popper. Per iniziare...
Chi lha fatto?
No: i decerebrati ritengono di essere intelligenti loro e idiota io. Chiaramente devi studiare la differenza dellIvan Pozzoni ante 2012 (artista normale) e dellIvan Pozzoni post 2012 (grande artista). Per questo motivo mi sono ritirato da ogni rapporto social dal 2018: la mia dimensione anti-sociale e il mio anarchismo stirneriano mi condurrebbero ad offendere ogni cretino con cui discuto. Per me non esistono: io dialogo con individui del mio livello culturale (il mio archivio epistolare con Zygmunt Bauman, Carlo Maria Martini, Karol Wojtyla, Michel Onfray, Frere Roger e altri grandissimi del Novecento è adeguatamente conservato ed informatizzato). Punto.
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Ivan Pozzoni
- 28/04/2024 00:14:00
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Cerca di notare la differenza tra i frammenti ametrici fino al 2010 e i frammenti chorastici dal 2011/2012. Col 2012, il Guastatore, raggiungo la critica nazionale.
Giorgio Linguaglossa scrive: <[...] a me la non-poesia di Ivan Pozzoni non dispiace, anzi, direi che mi diverte e mi piace, per alcune caratteristiche: che getta al macero la «neon-avanguardia» (dizione di Pozzoni) che rigetta la poesia «metrica» optando per la «a-metrica»; getta tutto nella spazzatura adottando in proprio e in toto tutta la spazzatura, introiettandola in un sistema tipo Beaubourg, un sistema di reversibilità, di reversione degli ordini linguistici, metrici, tematici, sottotematici; ricuce i sotto circuiti semantici e discuce i sotto circuiti ideologici e significazionisti. Pozzoni si pone un problema molto semplice e molto serio: che la poesia contemporanea è rimasta senza un referente e senza un pubblico. E questo è un fenomeno nuovo che la neoavanguardia non si era posta perché il problema a quel tempo non si profilava allorizzonte con la chiarezza con cui invece si pone oggi. Ennio pone il problema della continuità/discontinuità? Penso che Pozzoni non si ponga nemmeno questo problema; il problema della tradizione e dellantitradizione? Pozzoni non se lo pone. Vuole fare il guastatore, va con le cesoie per spezzare il filo spinato che il Novecento ha posto a difesa dei fortilizi della Tradizione e del Canone, tutte parole grosse che designano un significato preciso: i rapporti di potere che sotto stanno e sottendono i rapporti di produzione tra le istituzioni stilistiche maggioritarie. Pozzoni, a mio avviso, fa bene a buttare tutto allaria e a carte quarantotto. Non ha nulla da perdere perché non cè nulla da perdere. Tutto è già stato perduto, e chi non se ne è accorto forse vive nel mondo rodato e patinato dei propri sogni, o perché non gli fa comodo ammettere come stanno le cose. Pozzoni non ci sta a questo gioco allipocrisia collettiva che va di moda nel nostro paese, dove si parla di: crisi non-crisi, poesia etica, poesia mitica, fine del realismo, poesia del quotidiano, autobiologia in poesia etc. e chi più ne ha più ne metta. Siamo nella confusione babelica di tutte le lingue e di tutte le maniere>.
Da questo momento ho iniziato a ricevere lattenzione della critica e dellaccademia e ho modificato, moltisssimo, il mio modo di scrivere. Dalla critica letteraria contemporanea sono stato avvicinato a Lucini, Esenin, Leatrémont, Persio, Orazio, Rimbaud, Anceschi, Eliot, Milosz, Majakovskij, Burchiello Berni, Teofilo Folengo, Pulci, Goldoni. Qui si smette di scherzare, e si inizia a fare sul serio.
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